top of page

JAZZiT Likes It!

Intervista ad Adriano Clemente, recensione e bollino di qualità "Jazzit Likes It!" per il progetto "The Mingus Suite" a cura di Roberto Paviglianiti sulla rivista JAZZiT.

«A livello umano e artistico poi, nonostante gli ovvi riferimenti alla personalità di Mingus e alla sua musica come espressione della prima, penso che la suite sia una rappresentazione dell'artista non tanto come individuo limitato nel tempo e nello spazio quanto come manifestazione della creatività universale»

Adriano Clemente The Mingus Suite di Roberto Paviglianiti

Con il suo Akashmani Ensemble Adriano Clemente realizza “The Mingus Suite” (Dodicilune, 2016), un ritratto in sette movimenti di Charles Mingus. Il compositore ci ha illustrato la genesi e lo sviluppo di questo lavoro, da un’idea iniziale fatta di semplici strutture blues a un insieme dalla dimensione teatrale dove è idealmente rappresentata la morte del bassista e compositore di Nogales mentre suona sul palco.

Per quale motivo hai deciso di rendere omaggio a Charles Mingus? Mingus è una delle figure più interessanti nella storia dell’evoluzione del jazz. In un certo senso rappresenta l’anello di congiunzione fra il jazz pre-bop e quello che è venuto dopo. A livello di compositore è stato un gigante, specialmente per la sua originale elaborazione della tradizione blues nel jazz.

Come è nata e come si è sviluppata l’idea della suite? Avevo riunito un gruppo di musicisti jazz, fra l’Amiata, Grosseto, e Follonica, con cui suonare la mia musica, e stavo componendo diversi brani basati sulla struttura del blues, quando, sulle note del riff di Inner Fires, mi è venuta l’idea di qualcosa che unisse diversi temi ispirandosi ai vari aspetti della musica di Mingus. Alcuni brani, come Blues In Rags e While You Are Asleep, li avevo già scritti. Altri li ho scritti avendo in mente l’idea della suite. Nelle note di copertina ho spiegato come poi abbia immaginato una dimensione teatrale della suite per rappresentare la morte di Mingus mentre suona sul palco, e quindi i vari movimenti esprimono diverse situazioni e stati d’animo del grande compositore.

Da quest’album in che modo emerge la figura di Mingus sia come uomo sia come musicista? La Mingus Suite è un omaggio a Mingus come compositore, ma è ovvio che le mie composizioni sono il risultato della mia educazione musicale, e per educazione intendo l’assorbimento della musica che ho ascoltato, e non certo uno studio scolastico. In realtà in questa suite c’è tanto Mingus quanto Ellington, che in un certo senso è il “padre musicale” di Mingus. A livello umano e artistico poi, nonostante gli ovvi riferimenti alla personalità di Mingus e alla sua musica come espressione della prima, penso che la suite sia una rappresentazione dell’artista non tanto come individuo limitato nel tempo e nello spazio quanto come manifestazione della creatività universale, per questo alla fine c’è la ripresa di Inner Fires.

Nella tua scrittura quanto spazio, e in che modo, lasci alle improvvisazioni? Quando si usa il linguaggio del jazz è naturale che si conceda abbastanza spazio alle improvvisazioni. Nella Mingus Suite un solo brano, Memories Of Duke, è interamente scritto, eccetto per la coda di Riccardo Fassi al pianoforte. Gli atri movimenti alternano scrittura e improvvisazione, e avevo già in mente quali solisti utilizzare. Nel caso di Circus invece, l’idea di introdurre una sezione improvvisata collettivamente fra le due esposizioni del tema è nata in studio.

Hai progetti per il futuro? Lo scorso dicembre ho registrato a L’Avana un CD, che si chiama “Havana Blue” e che sarà pubblicato dalla Dodicilune. Contiene mie composizioni ispirate alla grande tradizione cubana di musicisti di importanza storica quali Bebo Valdes, Mario Bauza, Mongo Santamaria e altri. Ho avuto il piacere di conoscere e lavorare con Leyanis Valdes, figlia di Chucho e nipote di Bebo, che è un’ottima pianista, di casa nei jazz club a L’Avana. Insieme a lei hanno suonato otto musicisti locali, quattro fiati, un contrabasso, più la ritmica tradizionale di percussioni, congas, bongos, timbales, al posto della batteria. Sono molto contento del risultato. Ho molta altra musica scritta che spero di poter registrare in futuro, non solo di jazz o latin jazz, ma anche di genere minimalista e contemporaneo. Inoltre, ho anche un progetto di canzoni che spero di portare a termine.

bottom of page